lunedì 30 giugno 2008

La profezia del Duka

Sul numero 23 di Carta c'è questa bellissima recensione di "Roma K.O." firmata da Giuliano Santoro:

"La profezia del Duka"


Nell’arco di cinque giorni la città-vetrina del «sindaco V.» viene travolta dagli eventi.
Lo stesso accade alla vita di uno dei protagonisti della controcultura romana


Il chilometro di cemento armato di Corviale, a Roma, simbolo della metropoli costruita come un falansterio in cui migliaia di persone potessero vivere in armonia, è diventato un ghetto che marca il confine tra la città e la campagna. Uno dei luoghi che in un altro recente romanzo, «Il contagio», il postpasoliniano Walter Siti ha descritto con scientifica e sconvolgente crudezza. È da queste parti che prende le mosse la storia di «Roma K.o.», il romanzo del Duka e Marco Philopat. Un gruppo di giovani torna da un rave e cerca di smaltire le droghe in uno scantinato del palazzone. Ma, metonimia
divampante, le fiamme danneggiano le fondamenta del simbolo della metropoli del sindaco V.: il casermone deve essere sgomberato, e gli abitanti vengono sfollati in un accampamento all’interno degli studios di Cinecittà, altro posto-chiave della città-spettacolo. Da qui prende le mosse una storia che tira in ballo le tante storie dell’arcipelago
del movimento romano. Il cantastorie della controcultura romana e l’agitatore culturale milanese hanno cucito realtà e fiction. Così, la vita del «bardo del movimento romano» entra a pieno titolo in un’avventura di movimento. Le scuole medie superiori del ‘77 al Plinio, un liceo in cui se eri di Dp eri considerato troppo «di destra». La classe esultò quando arrivò il trafelato
annuncio del rapimento di Moro, solo il Duka e un suo compagno capirono che voleva dire la fine di tutto. Poi gli anni ottanta, quando si riempiono i granai e gli arsenali per l’esplosione dei centri sociali degli anni novanta. Leggendo del rodeo dei carrelli della spesa durante l’occupazione della Pantera alla Sapienza [«Siccome con la polizia non succedeva niente era partita questa famosa battaglia tra lettere e scienze politiche »] pare di assistere a un peplum postmoderno.
Sono irresistibili anche le avventure del Duka nel mondo del lavoro: l’assistenza al ragazzo handicappato [«Li chiamo
così perché non sono uno politicamente corretto», dice il Duka] che la mamma vestiva involontariamente come
uno dei Devo e che lui portava a prendere l’aperitivo o al sexy shop. Negli anni novanta, c’è la missione a
Corviale e Scampia, alle dipendenze del sociologo Ugo Bresaola e della sua fidanzata Rita Di Giuseppe: dovevano spiegare
le prodigiose sorti dell’autoimprenditoria in quartieri in cui «l’unico negozio che conservava consistenti nicchie di
mercato è la farmacia, che poteva contare su trionfanti moltitudini di consumatori, eroinomani, anziani e depressi».
Insomma, sorprende la storia della vita vissuta del Duka più delle peripezie verosimili della trama che scorre lungo
le pagine del romanzo. Ma non bisogna pensare che il Duka abbia semplicemente svelato alcune pagine del suo diario o abbia sbobinato alcuni dei suoi monologhi. Siamo di fronte a un’operazione più ambiziosa. L’azione è scandita
dalle droghe consumate per calmare l’ansia e da quelle per stare svegli e continuare a dettare la storia. Fino alla corsa affannata della ultime pagine verso il tramonto oscurato dal palazzone di Corviale, sempre con la paura ipocondriaca
dell’infarto che si è portato via Valerio Marchi e Joe Strummer e quella ossessiva di perdersi un corteo. Un libro spavaldo e mai troppo compiaciuto di se stesso o reducista, che incarna con poesia i pregi e i difetti della vicenda dei centri
sociali romani. Il «surfer di movimento» durante la Pantera lavorava ai fianchi della costruzione di immaginario e poi si faceva le fantomatiche «riunioni notturne» delle avanguardie più politicizzate: segno di un’avventura che turberà sia gli apologeti ideologici della militanza a tutto tondo che i sostenitori spontaneisti della «creatività al potere».

venerdì 27 giugno 2008

Milano fa bene. Alle braccia.

Fuori Vena
FINALMENTE IN LIBRERIA!
dvd (con extra e anche con sottotitoli in inglese e spagnolo) + libro (interventi di artisti che ne raccontano la realizzazione)

L’autoproduzione è un terreno difficile, se poi è applicata ad un film diventa quasi impossibile. Il primo lungometraggio di Tekla Taidelli, nato alla scuola civica di Milano sotto la guida di Marina Spada, invece si è fatto strada fino ad essere selezionato alla 58˚ edizione del Festival di Locarno e a vincere il Sulmona Film Festival ed è circolato anche al di fuori dell'Italia.
Non sono mancate neanche le recensioni autorevoli, l’entusiasmo che lo ha accompagnato è proporzionale al numero di persone coinvolte nella sua frenetica realizzazione e allo sguardo originale con cui è stato trattato il tema della droga.
Fuori Vena lo affronta senza filtri, pietismo o ipocrisie, con uno stile visionario, sempre in bilico tra ironia e dramma. Quasi riprendendo e riattualizzando la tradizione dei film neorealisti, tutti gli attori del film sono presi dalla strada, non ci sono professionisti tra loro, e proprio per questo riesce a osservare dall’interno i luoghi più disperati e rimossi della città.
Nonostante questo successo, Fuori Vena ha trovato il suo pubblico prevalentemente al di fuori delle sale cinematografiche. È proprio per continuare a diffonderlo che Agenzia X ha deciso di pubblicarlo, assecondando le numerosissime richieste di chi ancora non è riuscito a vederlo.

Il dvd oltre al film include contenuti extra come il backstage, le iterviste e il trailer. Il libro raccoglie gli interventi di numerosi artisti e filmaker che sono stati coinvolti nella realizzazione: Massimo Zamboni, Marina Spada, Francesco Scarpelli, Guido Blumir, Marco Philopat e tanti altri.

A proposito di Fuori Vena:
“Si esce dal film felicemente spiazzati, pregiudizi morali sono stati fatti a pezzi.” Il Manifesto
“Un film sincero e furibondo.” Corriere della Sera
“Un film che ha il ritmo di chi non s’accontenta mai, l’urgenza di gridare al mondo quanto sia immondo, la voglia di amare: Fuori Vena è un inno alla resistenza nei confronti dell’omologazione.” Film Tv
“Un film ben fatto sulle nuove droghe del 2000, ironico e drammatico nello stesso tempo e soprattutto vero.” Marina Spada

"Un mondo crudo, elementare, inesorabile, forse disperato ma più vitale di tanta insopportabile e paludata società civile." Tekla Taidelli

giovedì 26 giugno 2008

Fuori Vena

Agenzia X presenta:
FUORI VENA
La strada si racconta



Il film di Tekla Taidelli
IN LIBRERIA!
DVD + libro

Tekla è una giovane punk che vive in una cascina occupata della periferia milanese. Frequenta una scuola di cinema e la sua giornata è scandita da raglie di cocaina e ketamina e innumerevoli bottiglie di birra. I suoi amici sono tutti “senza pelle” come lei: traveller, dropout e Junkie nemici del quieto vivere. Una mattina, casualmente, si scontra con Zanna, un tipo sveglio e disinvolto, malgrado l’evidente dipendenza da eroina. Ne nasce una sconvolgente storia d’amore, dura e appassionata, in un carosello di sbronze cattive, rave-party illegali e tenerissimi spogliarelli al chiaro di luna.



martedì 24 giugno 2008

il Duka prende il volo

Una volta Morgana, tornando da Londra, ha portato al Duka una rivista gratuita che si trova al bordo degli aerei. Si chiama TopFly. Leggendo il colophon Morgana ha scoperto che ci scriveva un suo amico...
...insomma con nostra grande sorpresa abbiamo scoperto che sull'ultimo numero c'è una recensione di Roma K.O.
eccola, da leggere fino alla fine!


Marco Philopat non è solo bravo. E' anche "brave". Coraggioso. Cuor di Leone nell'espandersi, capace di trasfomare un'avventursa, poetica, suadente Odissea come l'infinita ribalderia della generazione punk anni '70 in perle avvincenti di gioiosa e sofferta contaminazione letteraria. Costretta a sanguinare, poiché esteticamente valida. Quasi bella. Se sei bello ti tirano le pietre. Se sei bravo, te le scrivono. Pietre nient'affatto tombali ma perentorie come la decisa spavalderia, assetata di giustizia, della banda Bellini, in grado di mettere ko un'intera generazione di borghesia benpensante. Detesto i benpensanti. Sarà perché a pensar male si commette peccato. E ci si azzecca. Questa volta a finire "ko" è la Città Eterna e di un romanzo come "Roma K.O." non posso che pensar bene. Uno spassoso e ribelle resoconto di cinque giorni adrenalinici, scandito dalla penna del Duka, accattivante bardo metropolitano che dispensa aneddoti a ritmo di imprese picaresche, percezioni sensoriali alterate, sesso, abuso d'autorità e abuso di sostanze eterogeneee, tanta musica e, soprattutto, tanta cultura underground.
Questa però è una rivista per paninari che viaggiano in aereo. Meglio così. E' bene diffondere il Verbo auspicando qualche (tardiva) conversione.

lunedì 23 giugno 2008

Dibattito sul Manifesto

Sabato 21 giugno sul Manifesto c'era un articolo di Luca Fazio che, prendendo spunto dalla minaccia di sgombero del Leoncavallo, faceva il punto sulla situazione dei centri sociali milanesi. Seguiva un pezzo di Marco Philopat che ha suscitato un dibattito.
Domenica 22 giugno, sempre sul Manifesto, c'era la lettera di risposta del Leoncavallo.
Per leggere entrambi gli interventi basta cliccare QUI.

Ci sembra che ci siano diversi spunti di discussione, per cui stiamo organizzando un incontro per confrontarsi. Presto ci saranno aggiornamenti.

mercoledì 18 giugno 2008

manifesto e manifestazione



Sabato 14 giugno c'è stata la manifestazione dell'altra Roma, quella dei centri sociali, per protestare contro le politiche securitarie della nuova giunta e non solo.
Il Manifesto ha dato massimo rilievo all'iniziativa, dedicandole un paginone, che per metà descriveva le diverse situazioni romane e per l'altra parte analizzava Roma K.O., indicandolo come il romanzo capace di tracciare una mappa delle realtà di movimento non solo romane ma di tutta Italia, sia per il suo valore d'archivio storico sia per la lettura critica del presente.
Ecco il pezzo di Benedetto Vecchi:

"Surfando" sull'onda del movimento

“Siamo il sangue nuovo che scorre nelle metropoli”. Il Majakovskij reinterpretato dagli attivisti del Leoncavallo sintetizzava bene la scommessa politica che i centri sociali volevano rappresentare alla fine degli anni Ottanta. Un decennio di controrivoluzione neoliberale aveva cambiato radicalmente il panorama sociale delle metropoli italiane. Le mappe di Milano, Roma, Bologna, Firenze, Napoli, Torino non si erano solo arricchite di nuovi quartieri, ma segnalavano anche la presenza di intere aree dismesse che avevano costituito, solo una manciata di anni prima, luoghi simbolici di quel conflitto operaio e sociale che aveva lanciato l'assalto al cielo. Capannoni industriali, laboratori artigianali, vecchi palazzi, scuole pubbliche fatiscenti e perfino vecchie caserme militari erano stati svuotati degli uomini e delle donne che li avevano fatti diventare punti di riferimento politici, sociali, perfino architettonici. Occuparli sembrava un gioco da ragazzi. E quando il Leoncavallo era riuscito vincente dal conflitto dalla giunta leghista che lo voleva sgomberare, il virus si era diffuso in tutta Italia.
L'essere riusciti a resistere alla marea limacciosa e conformista degli anni Ottanta portava a dire che chi stava in un centro sociale era legittimato a rappresentarsi come il sangue nuovo che scorreva nella metropoli. Perché i centri avevano imparato a memoria le nuove mappe delle città. E dei suoi nuovi centri di potere.
Il legame tra metropoli e centri sociali è d'altronde il filo rosso del godibilissimo libro scritto da Duka e Philopat, due personaggi che hanno attraversato quell'esperienza dal loro esordio alla loro crisi, vivendo il primo a Roma, il secondo a Milano. Ora il Duka alterna il lavoro di giornalista free lance all'attività di editore della Agenzia X. Philopat è uno scrittore e un editore. Questo scritto assieme è un libro di storia orale, che ha al centro il Duka, personaggio noto nel “movimento” romano, definito sarcasticamente un dandy di periferia. Affabulatore come pochi, “schizzato” come tanti frequentatori degli spazi occupati, il Duka ha vissuto il punk, la nascita e la diffusione dei centri sociali in tutta la loro parabola. Sempre con un'attitudine inquieta e refrattaria a qualsiasi deriva identitaria del movimento, anche quella verso la quale ha sentito e sente maggiore “affinità elettiva”.
Viene dalla periferia di Roma, conosce la cultura di strada e con pragmatismo e disincanto ha accompagnato l'esperienza delle Posse, ha spesso perorato la causa dell'“autoreddito”, cioè che i centri sociali dovessero “fare società” e dunque garantire un reddito a chi partecipava alla loro gestione. Ha spesso parlato dei luoghi autogestiti come spazi per organizzare il lavoro precario, nonostante il fatto che il Duka è per il rifiuto del lavoro. Eppure ha lavorato nei progetti di avviamento al lavoro promossi da sociologi fulminati sulla via del “capitalismo molecolare”. Ha vissuto la stagione del movimento no-global. È stato a Genova dove ha capito che la guerra permanente al terrorismo è anche operazione di polizia internazionale contro i movimenti. Ha visto molti attivisti scegliere di entrare in Rifondazione comunista, giudicando con lungimiranza quella scelta un suicidio politico. Ha visto consumarsi l'illusione, coltivata da alcuni centri sociali, di poter condizionare la governance messa in piedi sal sindaco Walter Veltroni. Insomma, il Duka “surfa” sempre sulle onde che il “movimento” produce.
Ma questo libro è un appassionato documento anche sulla crisi dei centri sociali, rappresentata nel libro dal finto sgombero di Corviale. In poco più di venti pagine, il Duka ne racconta le diverse anime. Ci sono i pink, gli amanti di Puffolandia, gli emmelle duri e puri, i deleuziani, i negriani, gli occupanti, i black bloc, i cobassini: tutti affettuosamente stigmatizzati per la loro inadeguatezza per quanto sta accadendo in città.
Il risultato elettorale che ha consegnato il Campidoglio ad Alemanno è stato solo la ratifica della loro crisi. Ma non della loro scomparsa. In queste settimane ci sono stati molti incontri e tutti assieme, cosa inedita vista la loro litigiosità, hanno cominciato tutti quanti assieme a fare i conti con il modello di metropoli che Walter Veltroni ha provato a realizzare. Un modello che aveva come perno una “economia dell'evento” che metteva al lavoro intellettualità di massa e una costellazione di piccole imprese e che aveva come polmone finanziario il “surplus” di profitti e di rendita proveniente da una sorta di “uso capitalistico del territorio” che le giunte di centro sinistra ha cercato di governare, ma non di contrastare. Ma ci sono anche i senza casa, i migranti, i precari sans phrase, tagliati fuori dal “modello romano”. Inoltre, incombe su di loro la minaccia di sgombero. Sanno che dovranno resistere.
Non c'è però nessuna possibilità di ritornare alle origini. Non potranno, credo, i centri sociali essere i fortini assediati da cui organizzare la resistenza. Dovranno semmai imparare a conoscere le nuove mappe della metropoli. Dovranno cioè pensare che ogni singola esperienza vada trasformata in inchiesta sulla metropoli, per parlare tanto alla forza-lavoro occupata nell'“economia dell'evento”, ma anche ai migranti, agli occupanti di casa, ai precari sans phrase. Solo così riusciranno a ritornare ad essere “il sangue nuovo che scorre della metropoli”. E solo così l'onda riprenderà la sua forza. Se così sarà, il Duka sarà lì di nuovo a “surfare”. Senza prendersi sul serio, anche quando racconta storie serie.

lunedì 16 giugno 2008

nandropausa

Reduci dalla presentazione romana, troviamo un bellissimo articolo sul Manifesto di Benedetto Vecchi sabato scorso, di cui parleremo poi, e questa recensione di Wu Ming 5 apparsa su Nadropausa, newsletter semestrale delle letture dei cinque.
Eccolaù.

Duka & Marco Philopat, Roma k.o. Romanzo d'amore droga e odio di classe, Agenzia X, pp.220, € 16

Il sindaco V. vuole sgomberare i seimila abitanti di Corviale, che ha subito danni strutturali, in una tendopoli a Cinecittà, proprio di fianco a un grande centro commerciale.
Non è il migliore dei piani. Scoppia la rivolta, come c'era da aspettarsi. Black Bloc e donne velate, hippoppettari e massaie corvialine, riot grrrls fuori tempo massimo, rasta, coatti di quartiere, compagni. Partono cinque giorni deliranti.
Ricordo la frustrazione adolescenziale dello specchiarsi nelle vetrine e vedere che non si è vestiti nel modo giusto, che non lo si può essere. Infiniti episodi di violenza urbana hanno la radice in questo fondo emotivo. Merci attraverso vetrine, imprendibili, oggetti che consentirebbero una forma momentanea di riscatto. Protesi contro l'impotenza, palliativi contro il disagio, effetto placebo sociale: la chiave del grottesco, dello smisurato, del deforme, se giocata con misura, sembra essere uno dei modi più efficaci per raccontare la quotidianità di questo paese, in questo momento storico, purché venga espunta ogni tendenza dolciastra, felliniana nel senso deteriore del termine, e purché si presti una cura iperrealista alla descrizione di volti, oggetti, contesti, parole, modi. In altre parole, non occorrono giochi di specchi per scoprire la deformità nella vita di tutti i giorni. Basta essere moderatamente lucidi e attenti. La deformità del paese, in più, non si è prodotta ora. E' risultato degli ultimi venticinque anni di storia.
In questo romanzo, davvero, manca solo la giraffa che si suicida buttandosi dalla finestra di un edificio in fiamme. Eppure qui c'è il quotidiano, qui ci siamo noi come comunità, di fronte a una impasse storica che chi è nato e vissuto in un quartiere di periferia, come me, può interpretare come invito alla rivolta, anche senza futuro, purché divertente. Del resto anche l'edificio-simbolo da cui parte la vicenda del romanzo è immediatamente grottesco. Un edificio lungo un chilometro, epitome del disagio da metropoli, mutazione italica di concetti funzionalisti. Si dice che la presenza di Corviale alteri il flusso dei venti in tutta la città, che impedisca al ponentino di spirare. Di certo vivere in simili contesti – ma anche in periferie "illuminate" come la Barca, da cui provengo, cantata dagli Scritti Politti in Skank Block Bologna, o nel grigiore da hinterland che Philopat conosce bene – altera la prospettiva, la rende angusta, oppure spinge all'apertura, instilla in chi ha avuto la forza o la fortuna di guardare dietro l'angolo voglia di ribellione, di libertà, di fuga.
Se c'è una cosa quindi che traspare da quest'ultimo lavoro di Marco Philopat e del Duka – vera e propria memoria storica che ha attraversato decenni di movimento e di street life romana- è il materiale di cui siamo fatti tutti, noi che apparteniamo a generazioni vicine. Cascami di ideologie, assemblaggi di stili di strada, drammi e farse, oggetti d'uso, oggetti di culto, nomi di atleti e attori, droghe, l'idea del viaggio come ombra del quotidiano difficile, una tendenza allo stoicismo coniugata con la pulsione forte, vivida, potente al consumo, all'edonismo, al piacere, al dandismo da poveri, da classe operaia, l'idea che è possibile non fare un cazzo e vivere felici, anche se questa cosa poi è uno sbattimento infernale. Attorno alle storie del Duka, che coprono vicende lontane, disparate, eppure risonanti – la nascita del tifo organizzato nella curva romanista, i primi rave party a Ibiza, il punk e la new wave, il Chiapas pre-insurrezione, Amsterdam, i Paesi Baschi - si snoda una vicenda urbana contemporanea, appena oltre il plausibile, risolta con efficacia, divertente, agevole, popolare nella migliore accezione del termine. Il rischio del reducismo è presente, ma viene dribblato agilmente, con un tocco da futebol bailado sudamericano, perché la storia tiene, le storie del Duka sono impagabili – vedi quella del Punk Secco e della corsa di carrelli da supermercato, o l'incontro con i casseurs nella Parigi dei rifugiati politici italiani - e i personaggi, specie il giornalista free lance ex-compagno e pusher di coca (e anche un paio di presenze femminili) sono ben delineati, calati nella realtà, credibili. [WM5]

venerdì 13 giugno 2008

a milano con i migranti a roma con il duka

Due iniziative oggi:

Alle ore 18 ci sarà la partita italia-romania. Per vederla tutti insieme -rom, sinti e italiani- a Milano ci sarà una grande festa e proiezione del match presso il campo di barzaghi-triboniano (il più grande della città), in vista della grande manifestazione di domani, sabato (il percorso dovrebbe essere: cimitero, campo barzaghi, viale certosa fino a piazzale accursio, quindi ritorno passando per viale
espinasse).

A Roma invece, presso il forte prenestino e durante il festival electrode, ci sarà la presentazione di Roma K.O. alle 21.30.
Il Duka ne parla insieme a Andrea Scarabelli e poi si esibisce in una performance di racconto orale musicato dal vivo di cui nulla ci ha voluto rivelare...

giovedì 12 giugno 2008

storie di lavoro

In questi giorni è impossibile non guardare con estrema preoccupazione alla drammatica situazione del mondo del lavoro: continue stragi (siamo a quasi 2000 morti dall'inizio del 2007), straordinari esentasse, il precariato che si estende in ogni sua forma...
Venerdì 13 e sabato 14 giugno, lo storico cinema Mexico di Milano propone un'iniziativa interessante: la proiezione di "Oltre al ponte - storie di lavoro", il documentario di Sabrina Bologna che ripercorre l'evoluzione del quartiere Tortona da diversi punti di vista, che legano la trasformazione urbanistica a quella delle forme di lavoro.

martedì 10 giugno 2008

tra le Black Panthers e Obama

Mercoledì 11 giugno Con il sangue agli occhi sarà presentato al Cantiere, dalle ore 18 in poi.

Incontro con l'autore, U.net, e con Marco Philopat, mentre in contemporanea sono esposte le tavole realizzate da Paper Resistance per il libro.

Partendo dall’autonomia dei movimenti, passando dalle condizioni di semischiavitù di tanti migranti nelle metropoli contemporanee, con un occhio alla trasformazione compatibile della variabile nera nella candidatura di Barack Obama, un dibattito come occasione per condividere saperi, da sempre obiettivo dell’Agenziax, e cercare strade di sovversione, da sempre interesse dei postsocialaperitivi al Cantiere.

tutte le infoQUI.

lunedì 9 giugno 2008

La fuga in avanti

La figlia di Francesco Giordano ha scritto un bel testo con cui ha partecipato al Premio Sofia riguardo al libro La fuga in avanti di Manolo Morlacchi.
Eccolo:

La fuga in avanti
ovvero
...non ci vengano a parlare di fuga in avanti,
gli specialisti delle fughe all'indietro...


Il libro La fuga in avanti ho iniziato a leggerlo dopo averlo casualmente trovato sul comodino di mio padre attratta dal titolo curioso e anche dalla foto sulla copertina; avendolo tra le mani l'ho sfogliato prima superficialmente, poi senza fretta e con più attenzione, questa volta ho visto che vi erano delle foto in bianco e nero. Erano quelle della famiglia dell'autore, Manolo Morlacchi, e anche quelle dei funerali di suo padre.
Guardandole, pur se non attentamente, mi sono accorta di due cose: la prima è che ai funerali vi erano giovani e persone che tali non erano più, e in una di queste foto c'era mio padre, la seconda cosa che ho notato sono le foto della famiglia Morlacchi: ritraevano persone con la faccia onesta e pulita; avuta questa sensazione mi sono soffermata con più concentrazione.
La foto che ritraeva mio padre riprendeva quanti seguivano il feretro e io, ho pensato, non sapevo che vi avesse partecipato, eppure ci parliamo in famiglia, chissà perché non ha detto niente…come se fosse un segreto o qualcosa di cui non si parla abitualmente.
In ogni caso, mentre guardavo e leggiucchiavo qual e là, mi sono detta che poteva essere un'occasione per parlare con mio padre di questo segreto e così la prima sera possibile, di solito ci vediamo la sera perché lui lavora, gli ho detto subito che avevo aperto il libro e avevo visto la foto che lo ritraeva. Ho continuato dicendo che mi sarebbe piaciuto sapere se conosceva la persona morta, se conosceva la famiglia, in quali occasioni ecc…
Subito mi ha chiesto se avessi letto l'ultima pagina del libro, che vi era riportata una lettera che lui stesso aveva mandato a un giornale di sinistra.
Io quella lettera non l'avevo vista, poiché il libro lo avevo sfogliato senza guardarlo dappertutto, ma ora sono andata subito a riprenderlo e mi sono fiondata nell'ultima pagina dove ho subito visto la firma: Francesco Giordano. Poi ho scorso la lettera: Il corteo rosso inizia a muoversi e attraversa le vie dei quartieri Giambellino-Lorenteggio abituati fin dagli anni '70 (e prima) a vedere quel colore, a sentire quelle canzoni; e poi ancora: Camminiamo addolorati ma fieri incontrando spesso pugni chiusi che salutano e solidarizzano.
Dopo aver letto queste frasi e aver leggiucchiato qua e là ancora per una decina di minuti, mi sono seduta alla scrivania ed ho letto il libro d'un fiato.

Le immagini di questa famiglia antica, di questa grande famiglia operaia e antifascista, non sono facili da dimenticare, le loro storie e volti hanno in comune la generosità, l'onestà, la lealtà e l'altruismo. Le foto, bellissime, si mischiano a volantini politici, ritagli di giornali, e tra queste cose così varie non vi è contraddizione. Effettivamente anche questa famiglia era un tutt'uno.
Mi è inoltre molto piaciuto il fatto che esistesse un racconto continuo tra i familiari della famiglia Morlacchi, un raccontare la storia vissuta e tramandarla di generazione in generazione. Ad esempio, i terribili fatti come il coinvolgimento nel bombardamento delle scuole di Gorla, a Milano, che costarono la vita a Luciana Morlacchi (17 anni) e un trauma tremendo ad Adriano Morlacchi.
Colpisce come eventi drammatici vengano vissuti e oggi raccontati, con naturalezza. Le visite in carcere, i viaggi che i familiari effettuavano in giro per l'Italia, magari centinaia di chilometri per poter fare una o al massimo due ore di colloquio con il loro congiunto che si trova in prigione e poi le condizioni cui sono costretti a sopportare non spaventano i figli piccoli, proprio in virtù della naturalezza con cui se ne parla in famiglia.
E ancora i fatti raccontati che succedevano all'interno del quartiere riportavano una realtà completamente diversa da oggi, allora vi era una quotidianità fatta di condivisione della stessa condizione e scelta di stare dalla stessa parte; vi era una solidarietà tra quanti appartenevano alla stessa classe (questa frase, lo devo ammettere, è di mio padre).
Dopo aver letto il libro e aver saputo che mio padre aveva vissuto alcune esperienze degli anni '70, dove aveva conosciuto anche i protagonisti del libro, mi sono sentita bene, non saprei spiegarlo altrimenti, ma questa è la sensazione che ho provato, anche grazie al libro La fuga in avanti.

sabato 7 giugno 2008

tutto in un giorno

- il Sun System partecipa con la Ciclomobile solare al ramo ecoradicale della manifestazione "in marcia per il clima"
- il Duka è alla Festa delle culture a Garbatella a presentare ROMA K.O.
- Marco Philopat farà un reading al festival MIAMI alle 2 AM tratto da Roma K.O.
- il banchetto dei libri di Agenzia X è presente al MIAMI dalle 16 alle 4 AM.

giornata a dir poco piena per gli agenti X...

venerdì 6 giugno 2008

a MIAMI!

non proprio... in realtà non andiamo in florida ma all'idroscalo...
al festival di musica indipendente MIAMI, organizzato da rockit.
siamo lì con il banchetto dei libri, vi aspettiamo!
e sabato alle 2 am reading di Marco Philopat tratto da ROMA K.O. alla collinetta.

giovedì 5 giugno 2008

"Roma K.O." il booktrailer!!!

Il grande Gigi Roccati ha realizzato il booktrailer di Roma K.O., partendo dalle immagini raccolte al Salone del Libro di Torino.
Tra poliziotteschi, bulli&pupe, droghe, libri e un'insospettabile intervista a Borghezio... eccolo in tutta la sua gloria!



La presentazione ieri sera al Biko è andata benissimo, oggi un giorno per tirare il fiato e domani si va al MIAMI festival, con il banchetto per tre giorni e sabato notte il reading di Marco Philopat sempre da Roma K.O.
Senza dimenticare, sempre sabato, la presentazione in contemporanea del Duka alla Festa delle culture di Garbatella e la manifestazione ecoradicale nel corso di In marcia per il clima...

lunedì 2 giugno 2008

Roma K.O. - dalla capitale a genova passando per milano

ecco l'evento mondano a cui è IMPOSSIBILE mancare...

mercoledì 4 giugno - h 21.30
@ BIKO – via de castillia 20, milano
presentazione di

ROMA K.O. di Duka e Marco Philopat
"Narrazioni sociali metropolitane: Roma-Milano-Genova, dal 1977 al 2001":
Marco Philopat ne parla con Vincenzo Latronico e Andrea Scarabelli
reading di Marco Philopat su performance musicale
a seguire live NoHumanNoCry All Stars

Fino alle h 22 - ingresso libero con tessera Arci
Dalle h 22 - tessera Arci + 3 euro