giovedì 16 aprile 2009

XXXX Party.

Agenzia X in pink, black, green.

@ Surfer's Den
(via mantova 13, milano)

Venerdì 17

La Sfiga è di Chi Non Viene.

h 19/24

Muzik by Stecco

XXXX ????

alle 21:30 Sorpresa Postpasquale...

carovana sport sotto l'assedio / 4

Terzo giorno a jayyus. 8 aprile 09

La giornata di oggi è cominciata con una piacevole sorpresa.
Mentre i bambini della pre scuola del charity center facevano il saluto al sole prima di entrare in classe guidati dai 'maestri' della Murga, il nostro amico Noor ci svegliava mandando dal suo telefonino un pezzo di Dj Gruff che avevamo scaricato ieri all'internet point dove lavora. Noor è un volontario del Charity, che ci accompagna nelle attività di questi giorni. Oltre alla sua militanza come volontariato, Noor che ha 20 anni, studia all'università di Qalqilya e con suo padre lavora i campi al di là del muro. Stamattina abbiamo scoperto che oltre ad avere tutte queste qualità ama il rap ed ha un ottimo orecchio musicale avendo scelto tra le tante tracce scaricatie prorpio un pezzo della storia dell'hip hop!

Dopo la colazione, per la prima volta in due anni non a base di falafel e patatine fritte, siamo scesi a giocare con i bambini per la ricreazione. Nel Charity center ci sono 5 classi di bambini dai 4 ai 6 anni che prima di accedere alla scuola elementari (a 7 anni) studiano niente meno che arabo matematica e inglese, meglio delle tre « i » (informatica, inglese e impresa) di Berlusconi!

Mentre il Duka inaspettatamente già da ieri, al parco giochi, si è rivelato un catalizzatore dei giochi più stupidi da fare con i bambini (tipo il battimano, i compagni del forte hanno le prove video) oggi si é cimentato nel dipingere le facce dei bambini aprendo una diaspora con la Murga sullo stile del body painting: guerrieri della notte (gang dei baseball furious) versus cuoricini, black flag versus flower power.

Oggi girando per il paese, la gente cheabbiamo incontrato per strada e nei negozi, ci ha espresso la propria solidarieta' per la tragedia del terremoto in Abruzzo e la loro profonda graditudine per la nostra attiva presenza a Jayyuss nonostante la situazione difficile in Italia.

Tra le storie di ordinaria violenza quotidiana a jayyus, mentre ci trovavamo nel campo di pallavolo ci é stato chiesto di rientrare al Charity center perche' i soldati israeliani, di turno al gate sud, stavano entrando nel paese. Dopo l'allarme iniziale, per paura di possibili rastrellamenti della popolazione civile, ci e' stato spiegato che i soldati israeliani al gate sud in seguito al lancio di qualche sasso da parte dei bambini avevano subito sparato proiettili di gomma ferendo, per fortuna lievemente, un ragazzino.

Per il gruppo di jayyus oggi é stata una giornata ricca di incontri con l'associazione sportiva, con le donne e con il gruppo di internazionali EAPPI.


SPORT

I rappresentanti dell'associazione sportiva hanno per prima cosa sottolineato che il problema principale per praticare e sviluppare lo sport in Palestina è l'occupazione.

Questa affermazione che a prima vista puo' sembrare retorica è dimostrata dall'impossibilità di muoversi per disputare partite, in particolare con le squadre della striscia di Gaza, costrette a incontrare gli altri team solo in campionati o tornei in Siria e libano. Il complesso di giocare sempre un derby continuo con la stessa squadra.

La seconda motivazione è ancora più pesante, riguarda proprio le « risorse umane » a disposizione dell'allenatore. Per fare solo un esempio, la squadra di pallavvolo maschile di jayyus campione nazionale, da un mese ha un giocatore in meno e non a causa di un infortunio. Un mese fa durante una retata dell'esercito israelino, come rappresaglia alla manifestazione che tutti i venrdi' la popolazione organizza contro il muro, un centinaio di ragazzi del paese sono stati rastrellati a caso ammanettati, bendati e chiusi per oltre 50 ore nella scuola del paese insieme ai militari. A causa di questo episodio molti bambini, con cui abbiamo parlato, ancora oggi hanno gli incubi. Il risultato dell'operazione è stato 15 feriti e 13 arrestati tra i cui un membro della squadra di pallavolo, di cui attualmente non si hanno notizie. Altro tragico esempio riguarda la nazionale di calcio palestinese: due membri fondamantali della squadra sono morti durante l'operazione piombo fuso, a Gaza, sotto le bombe.

Da parte di sport sotto l'assedio c'é stata la proposta di inviare aiuti per le strutture sportive della città e fare in modo che la squadra di jayyus venga in italia per perfezionarsi e giocare con altre squadre italiane e informare su quanto succede in Palestina.


DONNE

L'incontro con le donne é stato molto partecipato. Un gruppo di ragazzi e ragazze della carovana ha acsoltato le testimonianze di nove donne di jayyus che fanno parte di un'associazione che raccoglie tutte le donne del paese. Al pari degli uomini tutte le donne condividono in primis la lotta contro l'occupazione israeliana e allo stesso tempo lo sforzo per il miglioramento della qualità della vita delle donne che passa attraverso l'accesso all'istruzione universitaria. Come ci hanno raccontato l'ottanta per cento delle ragazze del villaggio frequenta l'università.

Anche in questo caso l'occupazione ha peggiorato la situazione femminile. Prima dell'occupazione le donne non avevano problemi specifici ma lavoravano e studiavano come gli uomini. In seguito all'occupazione l'effetto più immediato é stato l'innalzamento della paura soprattutto per le violenze dei soldati israeliani, non solo come violenza fisica, ma anche psicologica legata all'umiliazione.

Come ci raccontavano ieri, davanti al gate, molte donne non accompagnano più gli uomini nel lavoro dei campi per non subire l'umiliazione della perquisizione fisica (nella cultura musulmana il contatto fisico con un uomo non della famiglia è considerato una umiliazione e una violenza) da parte di soldati mancando spesso le soldatesse ai check point.

Le donne sono protagoniste anche della lotta palestinese. Nella maggior parte dei casi sono prorpio loro ad aprire le manifestazioni del venerdi' per proteggere con i loro corpi i prorpi uomini e i propri figli, curano i feriti e durante il coprifuoco e i rastrellamenti sono le uniche che circolano per la città; sono loro quindi che garantiscono l'approvvigionamento e le comunicazioni. In caso di innalzamento del livello di scontro rivestono il ruolo di staffette.

Inoltre sempre più spesso le donne si trovano a svolgere le funzioni di padre/ madre quando gli uomini muoino o scompaiono durante il conflitto o quando sono detenuti nelle prigioni israeliane.
Nella sola città di jayyus (4200 abitanti) ci sono 6 martiri e 25 prigionieri.
A conclusione dell'incontro le donne ci hanno tenuto a sottolineare che se noi occidentali abbiamo una visione delle donne come vittime degli uomini della propria famiglia questo non è vero.

Le donne rivestono ruoli importanti nelle municipalità e partecipano alla vita pubblica a livello macro. Come obiettivo prioritario le donne hanno l'autodeterminazione del popolo palestinese. Sono alla ricerca non solo dei diritti delle donne ma principalmente dei diritti umani estesi a tutta la popolazione sia maschile e femminile.

Alla fine dell'incontro ci hanno mostrato le manifatture artigianali che producono per finanziare l'associazione e gli studi delle ragazze di jayyus.


INTERNAZIONALI

nella tarda mattinata abbiamo incontrato un gruppo di internazionali della Eappi. È un'associazione nata come programma ecumenico israelo palestinese fatto dal consiglio mondiale delle chiese su richiesta del capo delle diocesi di gerusalemme, ma aperta ad altre confessioni e a atei. Al momento i volontari presenti a jayyus sono 4 dalla Norvegia, Svizzera, Germania e Scozia. I gruppi sono organizzati in modo da alternarsi di tre mesi in tre mesi e non lasciare mai il paese scoperto.

Lo scopo della loro presenza è quello di soddisfare cio' che la popolazione palestinese richiede, mettendosi totalmente a disposizione senza la presunzione, tipicamente eurocentrica, di voler « calare dall'alto pratiche e soluzioni ». Sono presenti in 14 paesi differenti e qui in palestina in 6 luoghi differenti della west bank. Nello specifico i loro obiettivi sono:

cercare di proteggere la popolazione durante la manifestazioni di protesta, sperando che con la loro presenza i militari siani meno aggressivi. Tutti giorni si recano alle porte di accesso ai campi coltivati durante l'orario di apertura, per verificare il rispetto delle già assurde procedure di accesso e inoltre dispongono di una linea diretta telefonica per lamentare eventuali ritardi negli orari di apertura e chiusura nella prassi di accesso e eventuali soprusi da parte dei militari.

Il secondo obiettivo è il lavoro di controinformazione, per dare voce attraverso ,foto e report ,a cio' che non passa sui media main stream. Scrivono report settimanali alle nazioni unite sulle violazioni dei diritti umani, in particolare sulla condotta dei soldati israeliani.
Infine portano solidarietà alle comunità locali dove sono presenti soprattutto con corsi di perfezionamento della lingua inglese per studenti universitari.

L'importanza della loro presenza sul campo è testimoniata da un sondaggio che hanno fatto tra la popolazione palestinese da cui risulta che l'89 per cento trova indispensabile la presenza degli internazinali in genere.



Incontri sportivi della giornta


oggi era il turno del ping pong. I nostri ragazzi migliori in questo sport, figli di sessantottini che avevano militato in scrausissimi gruppi maoisti (tipo Stella Rossa, Servire il Popolo e Viva il Comunismo) Silvio e il Sogliola hanno vinto il grosso delle sfide a cui hanno partecipato. Finalmente sport sotto l'assedio ha trovato la disciplina per l'avvenire. Abbiamo anche vinto meritatamente una coppa per la sfida di pallavvolo. Migliori in campo Marco anna e Alessandro.

Passando alla pagina calcistica oggi giorno di riposo e di festa. Dopo la prestazione di ieri si sono prepotentemente rialzate le quotazioni del nostro allenatore Davide. Notizia dell'ultima ora di Al Jazeera è stato contattato da una squadra degli emirati arabi che vuole affidargli il settore giovanile.

La trattativa è per ora bloccata data l'alto ingaggio del nostro allenatore.

I vostri corrispondenti
duka e tanka

carovana sport sotto l'assedio / 3

Nel programma della carovana di oggi era previsto che il gruppo di Jayyus sarebbe dovuto andare a al valico Heretz per tentare di entrare a Gaza. Purtroppo quattro giorni prima della nostra partenza le autorità militari israeliane ci hanno fatto sapere che a nessuna delegazione sarebbe stato concesso di entrare a Gaza per motivi di sicurezza e perchè « li' non c'è nulla da vedere e nessuno da incontrare ». Cosi' la delegazione oggi è rimasta a jayyus a vedere con i prorpi occhi le difficoltà che i contadini palestinesi hanno nel raggiungere le proprie terre al di là del muro di recinzione. Il muro Costruito nel 2002 per motivi di sicurezza in realtà ha rubato terre coltivate palestinesi non rispettando i confini del 67, che prevedevano la sua costruzione sulla green line situata 10 chilometri più indietro.

Sotto un sole a picco sulle nostre teste abbiamo percorso la strada che i contadini fanno tutti i giorni per arrivare alla porta sud, aperta per un'ora tre volte al giorno. Abbimo potuto costatare come ci avevano spiegato ieri i ragazzi del Charity center, che il pass per coltivare le terre al di la' del muro viene concesso quasi esclusivamente a persone molto anziane. Durante la nostra sosta davanti alla porta sud, gli unici agricoltori che passavano erano vecchi su carretti trainati da muli. Ottenere il pass dal governo israeliano non é semplice, innanzitutto non bisogna avere in famiglia persone che sono state arrestate per attivita' politica, martiri o semplici attivisti. Inoltre gli ettari di terra posseduti dal capo famiglia vanno suddivisi per ciascun membro della famiglia, e se dalla divisione per ogni figlio risulta meno di un ettaro di terra per componente tutto il nucleo familiare non ottiene il pass. Inoltre la durata della concesione per coltivare la terra dura da tre a sei mesi, scaduti i quali, va rinnovata con un'attesa media di un mese e mezzo durante il quale non è possibile andare a lavorare. Questi sono solo alcuni dei modi che il governo israeliano usa per umiliare e impoverire la popolazione, impossibilitata a lavorare la terra e raccoglierne i frutti e a percepire un reddito per sopravivvere. Per molti giovani, come ci ha spiegato « dall'alto del suo trattore » un rappresentante del comitato per la liberazione delle terre di jayyus, l'unica possibilita' per costruirsi un futuro è lasciare la palestina per recarsi in europa a finire gli studi e cercare lavoro. Purtroppo solo i più fortunati riecono pero' ad uscire dal paese, perché qualunque peoblema con la giustizia israeliana comporta il diniego di emigrare. L'ennesima riprova che la palestina è davvero una prigione a cielo aperto.

Mentre scriviamo nel giardino del charity center siamo « circondqti » da decine di bambini che partecipano al laboratori di fotografia e sulle energie rinnovabili, mentre il resto del gruppo è in giro per il paese accompagnato dai tamburi della murga e dai graffitari che termineranno i graffiti iniziati ieri.

Dopo pranzo siamo andati a prendere un gelato e della frutta e il negoziante nel vederci ci ha ricordato la pesante sconfitta della partita di ieri finita 13 a 3. A quel punto è scattata la proposta per una rivincita fuori programma. I ragazzi sono scesi in campo finalmente motivati convinti delle proprie possibilità fino ad oggi inespresse. La nostra squadra ci ha fatto rivivere i fasti del calcio totale dell'olanda di Cruyff. Risultato finale a nostro favore 3 a 2, marcatori della giornata Sogliola, e doppietta di Rui « nano » Barros. Da notare la prestazione sopra le righe di Yuri che si è dimostrato un grande portatore di palla e un vero leader in campo, capace di tenere corta la squadra e dettare i tempi di gioco. I nostri sono stati semplicemente fantastici.

I vostri corrispondenti

duka e tanka

giovedì 9 aprile 2009

Carovana sport sotto l'assedio / 2

Continua il reportage dalla Palestina...

La giornata è iniziata presto con una abbondante colazione e in 53 siamo partiti dopo aver salutato gli altri gruppi verso jayyus, distretto di qalqilya , nel nord della west bank.
Abbiamo attraversato Betlemme ripercorrendo la strada che ieri ci aveva portato a Ramallah fino al ceck point di Abu dis. I militari dopo aver fatto i controlli di routine dei passaporti, rivedendo le stesse facce del giorno prima hanno deciso di farci perdere quasi un'ora, trattenendo per accertamenti di procedura la guida palestinese membro dell'associazione Stop the wall, partita con noi da Dheisheh. Alla fine una delegazione è scesa per recarsi al gabbiotto del ceck point e chiedere le motivazioni del fermo. I militari israeliani, capito che non ci saremmo mossi dal ceck point senza la guida, hanno deciso di lasciarla risalire e proseguire il viaggio con noi.
Durante il viaggio, piu' di ieri, era visibile davanti ai nostri occhi il sistema di apartheid in cui sono costretti i palestinesi. Prorpio prima di entrare a jayyus sorgono alcuni villaggi di coloni arroccati sulle colline sia per una questione strategica che di approvvigionamento idrico, cirondati dal filo spinato, eletrtrico e spesso dal muro. Una delle cose che ci ha più impressionato lungo il tragitto é stata una enorme discarica di rifiuti, tra cui quelli industriali, che gli insediamneti dei coloni riversano in territorio palestinese inquinando la poca acqua che arriva al villaggio di jayyus.
Arrivati con un'ora di ritardo sul programma a causa dei controlli, ci siamo sistemati al Charity center, un centro di sostegno alla popolazione. Dopo le presentazioni e il pranzo, siamo partiti con la banda della Murga aggregando un centinaio di bambini, muniti di fionde autocostruite, che ci hanno seguito per le vie di Jayyus.Con loro abbimo raggiunto il parco giochi della scuola dove abbiamo dipinto un murales, con la scritta in tre lingue « lo sport unisce, il muro divide ». Dalla scuola é ben visibile il tracciato del futuro muro di 5 km e mezzo, iniziato a costruire nel 2002, che circonda il paese impedendo l'accesso al 78 per cento delle terre coltivate. Per raggiungere i campi esistono solo tre varchi, controllati dai soldati israelini, che permettono l'accesso per tre volte al giorno tre volte a settimana, e solo con uno speciale pass rilasciato a discrezione del governo israeliano, al momento concesso - ci hanno raccontato i ragazzi di jayyus - solo a persone anziane. In un contesto basato sull'agricoltura tutto cio' ha impoverito notevolmenete l'economia locale, florida fino alla costruzione del muro, portando la disoccupazione al 75 per cento.
Passiamo alla pagina sportiva del nostro report. Continua la vergognosa serie di sconfitte della squadra maschile. La partita di oggi contro la squadra locale si è conclusa con il risultato di 13 a 3 a favore dei padroni di casa. E' evidente che la squadra ha bisogno di un cambio di gioco, giocatori e allenatore (n.d.r). Per rilanciare le sorti sportive della carovana confidiamo nella partita di pallavolo femminile di domani, augurandoci di cuore che il cambio di disciplina sportiva cambi il magro risultato.

Jayyus Il Duka e Tanka

lunedì 6 aprile 2009

Carovana Sport Sotto l'Assedio / 1

Il Duka è partito con la Carovana “Sport Sotto l'Assedio", in Palestina.
Riceviamo e pubblichiamo il diario, scritto da lui, Lory e Barbara.


PRIMO GIORNO

Colazione e conoscenza dell'Ibdaa Cultural Center

Ci siamo svegliati, dopo la prima notte, nel campo profughi di Dheisheh, dopo aver dormito in due strutture molto accoglienti. Tra baci e abbracci, davanti un'abbondante colazione, tra compagni e compagne di tutta Italia arrivati con voli diversi in Palestina, ci siamo buttati subito a capofitto in un'intensa giornata di lavoro politico e sportivo. Durante la mattinata, abbiamo fatto un incontro con lo scopo di conoscere le attività della laica struttura culturale che ci ospita, il centro di Ibdaa ("creare qualcosa dal nulla"). Giovani palestinesi ci hanno raccontato il lavoro che svolge il centro nel territorio di Dheisheh, uno dei 59 campi profughi palestinesi, creati nel '48, che concentra attualmente 12.000 persone dentro una superficie di ½ km quadrato. Tra i loro progetti più importanti possiamo menzionare l'ostello, il ristorante, lo sport, la danza, la musica, il teatro, la biblioteca, l'asilo per i bambini, il comitato di donne, un laboratorio di sartoria, l'ospedale e fra quelli futuri il media center e la Tv satellitare. Nonché, con grande sforzo economico, finanziare annualmente l'università per cinquanta ragazzi del campo. Trenta ragazzi vengono mandati a studiare in quelle palestinesi. I rimanenti studiano in atenei stranieri, per far fronte alla difficoltà di poter studiare in Palestina, a causa della perimetrazione del territorio, frammentato da muri, filo spinato, reti elettrificate, check point, posti di blocco e strade a scorrimento veloce percorribili solo da cittadini israeliani. “Insomma, sai quando esci di casa, ma non sai quando arriverai al lavoro, a lezione, all'esame”. Obiettivo del progetto educativo è quello di avere dei giovani formati, pronti a tornare e a socializzare le loro competenze e conoscenze con la propria comunità, con la speranza di poter creare una nuova classe politica che si discosti da quella corrotta attuale. Ci raccontano che esistono tre tipi di scuole: quella delle Nazioni Unite, quelle statali e quelle private che possono essere sia laiche che religiose. Quelle private sono molto costose e spesso propongono un maggior numero di materie. I programmi, invece, si equivalgono fra gli altri tipi di scuole. Passare l'esame di maturità è molto duro. Due gli istituti all'interno del campo gestiti dalle Nazioni Unite, una elementare e una media, che non riescono a coprire la domanda del campo. 7000, infatti, i bambini in età scolare costretti a doppi turni e stretti in classi di oltre 45 allievi. Un notevole carico grava sul ristretto corpo docenti quindi, formato solo da 13 insegnanti.

“Non abbiamo acqua d'estate ed elettricità d'inverno”: è questa una delle frasi ricorrenti nei racconti della mattinata. In base agli accordi di Oslo, i palestinesi non possono disporre delle risorse del sottosuolo, che sono quindi gestite dagli israeliani e rivendute ai palestinesi e la cui erogazione può essere sospesa arbitrariamente in qualsiasi momento. A Dheisheh l'elettricità arriva da un generatore situato a Gerusalemme. Se un cavo dell'impianto si rompe, il campo può restare anche per giorni senza luce, perché la società erogatrice reclama bollette non pagate. Considerando che il 65% della popolazione è disoccupata ed i pochi che lavorano vengono sotto pagati ... immaginiamo i lunghissimi inverni senza elettricità e quello che ne comporta.


In pellegrinaggio verso lo stadio...

Dopo la riunione, siamo saliti sui pullman per raggiungere lo stadio di Al Ram nei pressi di Ramallah dove si sono disputati i primi due incontri di calcio della carovana. Questo trasferimento ci ha permesso di vivere in prima persona quelle che sono le difficoltà quotidiane riguardo la mobilità vissute dai palestinesi e di vedere con i nostri occhi le barriere architettoniche che hanno reso possibile questo sistema di apartheid. Check point a parte, ci ha colpito l'autostrada riservata ai cittadini israeliani che collega in soli 20 minuti l'insediamento di coloni Maali Adumin con Gerusalemme. Noi, per arrivare a Ramallah, invece abbiamo impiegato circa un'ora e mezza, percorrendo tre volte tanto la distanza che ci divideva dalla nostra meta. Altro particolare inquietante, oltre alle barriere autostradali, le centinaia di ceppi di olivo decapitati che affioravano dal terreno spaccato dal sole. Olivi secolari, lavoro e risorsa di almeno tre generazioni di uomini e donne, costretti ora ad acquistare l'olio altrove.


La disfatta di Al Ram

Alle 14.00 siamo giunti nello stadio, l'unico regolamentare riconosciuto dalla Fifa nei Territori Occupati, campo di gioco della loro Nazionale. Ad attenderci, oltre la Nazionale under 18, il calore e l'entusiamo delle alunne della scuola femminile di Gerusalemme Est “Dar el Tefl el Arabi”, che si sono poi cimentate in un colorato saggio che ha aperto il fastoso cerimoniale della giornata calcistica. Ma veniamo alla cronaca delle partite.

Gli scombinati componenti della nostra squadra, che giocava contro la nazionale under 18, si sono fatti scudo con discorsi del tipo: “Siamo arrivati questa notte”, o “Abbiamo dormito poche ore” oppure, ancora peggio per degli sportivi, “... nella vita ci droghiamo”. Ragazzi la realtà è ben altra: “Siete delle pippe!”. Avete perso 10 a 0 e sbagliato il rigore che l'arbitro aveva regalato, in quanto ospiti, all'ultimo minuto. Di voi, lo sapevamo, che non eravate affidabili; ma della squadra femminile no. Le ragazze, negli anni passati, ci avevano regalato solo vittorie e al pubblico Palestinese emozionanti momenti di “fùtbol bailado”. Sono crollate misteriosamente, perdendo 9 a 0.


Da Dheisheh è tutto i vostri corrispondenti con i piedi
Lory, Duka e Barbara

preferirei di no

riceviamo e pubblichiamo.
in un periodo piuttosto nero, un'altra inquietante azione repressiva a Bologna...


questa mattina all'alba BARTLEBY, il nuovo spazio occupato dell'Università, è stato SGOMBERATO dalla polizia.
gli occupanti non hanno opposto resistenza, ma hanno creato un corteo diretto al rettore, per chiedere una risposta a quest'atto di forza.
si sono trovati l'ingresso sbarrato dalla POLIZIA, che sta cercando di bloccarli con la forza.
diversi ragazzi sono stati manganellati; una RAGAZZA, COLPITA violentemente alla testa, è stata portata in ospedale.
questa è la risposta: alla cultura dialogante che abbiamo prodotto è stata opposta la violenza muta del manganello.

INVITIAMO TUTTI A RAGGIUNGERCI E SOSTENERCI ALL'INGRESSO DEL RETTORATO,
VIA ZAMBONI 33,

NOI NON CE NE ANDIAMO, NON ABBIAMO FRETTA,
NON CE NE ANDREMO FINCHE' NON AVREMO UNA RISPOSTA SODDISFACENTE.

NOI CI SIAMO, TU?

mercoledì 1 aprile 2009

G20 a Londra - PreReportage

Postiamo un reportage di un nostro conoscente che è stato poco fa a Londra e ha visto i preparativi per le azioni che oggi stanno paralizzando la città, e domani...

di Giakag

La prima cosa che si nota scendendo dal 30 ad Hackney Wick è il silenzio. O più precisamente l'assenza del rumore convulso di Londra, del gas, dei clacson, delle voci. Hackney Wick è silenziosa e immobile, è la periferia estrema della città. Una sopraelevata taglia la visuale percorrendo una lunga curva tra le case basse e poi tra i capannoni. All'orizzonte un enorme cantiere si allunga verso il cielo con le sue gru immobili. Il vento corre tra i grandi spazi vuoti, tra gli edifici squadrati, tra le colonne di lamiere ammassate nei cortili delle carrozzerie turche. Alza la polvere della strada, si infila nei canali dall'acqua torbida e si libera nell'enorme cantiere, sbattendo le tele di nylon sfrangiate dei silos.
[sms to: 0794404**** Ciao, sono al capolinea. Ti aspetto]
Gigi non lo vedo da mesi, a parte ieri notte. Lui occupa case qui ad Hackney dal '94, ha vissuto la Londra di reclaim the street. È il suo ossigeno. Speriamo legga il messaggio. Ieri l'ho incrociato a un café queer polacco, il Morg, che infine si è rivelato un ex pompa funebre - con tanto di cella frigorifera e lettini per le salme! - in cui si stava scatenando un concerto punk, vecchia scuola, creste alla mohicana, ragnatele tatuate sulle guance, sorrisi sdentati, tutti a ciondoloni, ubriachissimi, quasi tutti italiani. Ecco gigi. Mi fa cenno e si avvicina.
-Ciao! Com'è andata il viaggio?
-IL 30 fa un giro infernale! Ho impiegato quasi due ore con i mezzi... Capisco perché non scendi mai a sud del Tamigi...
-Diciamo che sto bene ad Hackney... Qui siamo all'estremo oriente, la zona industriale... É rimasta abbandonata per quasi vent'anni, qui c'era un rave ogni settimana... Cioè... I rave ci sono ancora, ma non è più come prima...
-È bellissimo qui... le strutture industriali vuote! E poi ha il silenzio delle periferie, adorabile... Non è un paradiso?
-Non più... È stata un bolla nel tempo, incredibile, fortissima... Sono situazioni che si presentano solo nei periodi di cambiamento... Con la crisi industriale degli Ottanta Hackney si era svuotata alla velocità della luce... Noi l'avevamo ripresa, l'avevamo fatta vivere a modo nostro... Il quartiere intero era rimasto sospeso, abbandonato a se stesso... Noi siamo stati la risposta... Banksy viene da queste vie, i suoi pezzi più famosi li ha spruzzati su questi muri... Ora hanno iniziato a convertire i capannoni in flat o studi artistici, ma dieci anni fa erano tutti vuoti... Il quartiere esplodeva di energia... Le vedi quelle case popolari? Quelle la con tutti i ballatoi comuni? Li un appartamento su tre era occupato... Qui non passava nessuno, venivi rapinato anche di giorno...
-Tu dove stai ora?
-Mah.. Ora giro un po' qua e un po' la a casa di amici...
La strada è spoglia, l'asfalto è vecchio e rotto, polveroso. Stiamo camminando tra muri di mattoni macchiati alla base da erba grigia. Dal fondo della via ci vengono incontro tre ragazzi. Vestono tute sportive, uno è in jeans. Ci guardano per storto. Noi camminiamo lenti come prima, senza battere ciglio. Loro ci vengono incontro tosti, con sguardi da lupo. Io resto freddo, Gigi li guarda alla “levatevi dal cazzo”. Ci incrociamo, ci superiamo. Gigi si gira.
-Do you have a fire?
Stop. Loro si girano. Uno allunga un fuoco verso Gigi, che si accende lo spino. Ci rigiriamo tutti e ognuno riprende la propria strada. Gigi sorride.
-Speravano gli chiedessi del crack... Qua fanno tutti i cattivi ragazzi... Tra poco arriviamo ai canali navigabili, uno sale fino a Camden... Hanno un sistema di dighe, come una piccola Amsterdam... C'è anche chi ci vive, con le barchette e tutto...
Girando spuntiamo direttamente su un piccolo ponte in cemento. Ci sono graffiti ovunque, l'acqua è sporca, un vena tra gli scheletri decaduti dell'impero industriale. Ci fermiamo a osservare le acque che si spostano lente, strafottenti. Siamo tutti cresciuti tra le fabbriche abbandonate. Il lavoro ha fallito. E i nostri padri e le nostre madri hanno fallito a credere nel lavoro. L'etica del lavoro. Un abbaglio. Un palliativo al gusto di emancipazione. A noi non frega un cazzo di lavorare, non dobbiamo arrivare da nessuna parte, ne spezzarci la schiena per dimostrare chi siamo, ne disciplinare i nostri impulsi, siamo esorcizzati. Quello che ci serve lo creiamo. Lo prendiamo. Lo costruiamo. Lo godiamo. Stop. Ora la crisi economica ridonda su tutti i media, la recessione globale. Ci vorrebbero ad aspettare l'apocalisse dietro i sacchi di sabbia. A disperarci. A noi che qualche apocalisse non spiacerebbe neppure. Gigi è perso nei pensieri al mio fianco. Questo è un altro periodo di cambiamento, e lo sappiamo bene entrambi. E sappiamo che questa volta la bolla potrebbe esplodere. E avrà dei costi.
-Il primo aprile ci sarà la demo contro il G20 ho sentito...
-si... Quattro demo che partono verso le undici da punti diversi della city e convergono sotto la Bank of England per un mass street party... I quattro spezzoni sono guidati dai cavalieri dell'apocalisse... Quello nero dell'homelessness a Cannon street... Quello silver dei money crimes al London Bridge... Quello rosso della guerra a Moorgate... Quello verde del climate chaos a Liverpool street... Nelle vicinanze si installerà un climate change camp... Ma il due aprile sarà interessante...
-Che succede il due?
-Beh... Il due si passa la giornata dall'alba a cercare di bloccare il summit dei venti stronzi... Gancio all'Excel Centre Canning Town... Azioni in gruppi di affinità...