La figlia di Francesco Giordano ha scritto un bel testo con cui ha partecipato al Premio Sofia riguardo al libro La fuga in avanti di Manolo Morlacchi.
Eccolo:
La fuga in avanti
ovvero
...non ci vengano a parlare di fuga in avanti,
gli specialisti delle fughe all'indietro...
Il libro La fuga in avanti ho iniziato a leggerlo dopo averlo casualmente trovato sul comodino di mio padre attratta dal titolo curioso e anche dalla foto sulla copertina; avendolo tra le mani l'ho sfogliato prima superficialmente, poi senza fretta e con più attenzione, questa volta ho visto che vi erano delle foto in bianco e nero. Erano quelle della famiglia dell'autore, Manolo Morlacchi, e anche quelle dei funerali di suo padre.
Guardandole, pur se non attentamente, mi sono accorta di due cose: la prima è che ai funerali vi erano giovani e persone che tali non erano più, e in una di queste foto c'era mio padre, la seconda cosa che ho notato sono le foto della famiglia Morlacchi: ritraevano persone con la faccia onesta e pulita; avuta questa sensazione mi sono soffermata con più concentrazione.
La foto che ritraeva mio padre riprendeva quanti seguivano il feretro e io, ho pensato, non sapevo che vi avesse partecipato, eppure ci parliamo in famiglia, chissà perché non ha detto niente…come se fosse un segreto o qualcosa di cui non si parla abitualmente.
In ogni caso, mentre guardavo e leggiucchiavo qual e là, mi sono detta che poteva essere un'occasione per parlare con mio padre di questo segreto e così la prima sera possibile, di solito ci vediamo la sera perché lui lavora, gli ho detto subito che avevo aperto il libro e avevo visto la foto che lo ritraeva. Ho continuato dicendo che mi sarebbe piaciuto sapere se conosceva la persona morta, se conosceva la famiglia, in quali occasioni ecc…
Subito mi ha chiesto se avessi letto l'ultima pagina del libro, che vi era riportata una lettera che lui stesso aveva mandato a un giornale di sinistra.
Io quella lettera non l'avevo vista, poiché il libro lo avevo sfogliato senza guardarlo dappertutto, ma ora sono andata subito a riprenderlo e mi sono fiondata nell'ultima pagina dove ho subito visto la firma: Francesco Giordano. Poi ho scorso la lettera: Il corteo rosso inizia a muoversi e attraversa le vie dei quartieri Giambellino-Lorenteggio abituati fin dagli anni '70 (e prima) a vedere quel colore, a sentire quelle canzoni; e poi ancora: Camminiamo addolorati ma fieri incontrando spesso pugni chiusi che salutano e solidarizzano.
Dopo aver letto queste frasi e aver leggiucchiato qua e là ancora per una decina di minuti, mi sono seduta alla scrivania ed ho letto il libro d'un fiato.
Le immagini di questa famiglia antica, di questa grande famiglia operaia e antifascista, non sono facili da dimenticare, le loro storie e volti hanno in comune la generosità, l'onestà, la lealtà e l'altruismo. Le foto, bellissime, si mischiano a volantini politici, ritagli di giornali, e tra queste cose così varie non vi è contraddizione. Effettivamente anche questa famiglia era un tutt'uno.
Mi è inoltre molto piaciuto il fatto che esistesse un racconto continuo tra i familiari della famiglia Morlacchi, un raccontare la storia vissuta e tramandarla di generazione in generazione. Ad esempio, i terribili fatti come il coinvolgimento nel bombardamento delle scuole di Gorla, a Milano, che costarono la vita a Luciana Morlacchi (17 anni) e un trauma tremendo ad Adriano Morlacchi.
Colpisce come eventi drammatici vengano vissuti e oggi raccontati, con naturalezza. Le visite in carcere, i viaggi che i familiari effettuavano in giro per l'Italia, magari centinaia di chilometri per poter fare una o al massimo due ore di colloquio con il loro congiunto che si trova in prigione e poi le condizioni cui sono costretti a sopportare non spaventano i figli piccoli, proprio in virtù della naturalezza con cui se ne parla in famiglia.
E ancora i fatti raccontati che succedevano all'interno del quartiere riportavano una realtà completamente diversa da oggi, allora vi era una quotidianità fatta di condivisione della stessa condizione e scelta di stare dalla stessa parte; vi era una solidarietà tra quanti appartenevano alla stessa classe (questa frase, lo devo ammettere, è di mio padre).
Dopo aver letto il libro e aver saputo che mio padre aveva vissuto alcune esperienze degli anni '70, dove aveva conosciuto anche i protagonisti del libro, mi sono sentita bene, non saprei spiegarlo altrimenti, ma questa è la sensazione che ho provato, anche grazie al libro La fuga in avanti.
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