Enrico Fletzer ha recensito Roma K.O., sulla rivista internazionale antiproibizionista Soft Secrets. Riportiamo la recensione e vi invitiamo a visitare il sito di questo bimestrale edito in italiano, inglese, francese, spagnolo, olandese, polacco e ceco.
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Siamo all'ultimo guizzo di follia creatrice di Marco Philopat e del Duka. I due folletti del movimento italiano operanti rispettivamente tra Milano e Roma e che in Roma K.O «romanzo d'amore droga e odio di classe ripercorrono lungo cinque catastrofiche giornate trenta anni di sconvolgimenti che hanno cambiato la storia e la cultura del movimento antiproibizionista del nostro paese. Sono stati bravi nell’attualizzare il mitico droga e rock'n’roll nel corso delle loro a affabulazioni in un paese meschino dove vige una guerra non dichiarata ai poveri e ai diversi, dove tutto è proibito ma come afferma qualcuno occorre cercare di "conquistarsi il futuro con le unghie e con i denti".
I due kamikaze si dimostrano all'altezza dell’arduo compito di rappresentare l'hard core italiano. Estremamente loquaci sono soprattutto in grado di ricomporre in maniera esilarante una profezia auto-avverante sulla prossima e definitiva distruzione di Roma. Marco Philopat, animatore del mitico Virus di Milano, il primo centro del movimento punk italiano a cui aveva dedicato Lumi di punk e Costretti a sanguinare, nel corso di questi anni, è divenuto sempre più avvezzo nel dipanare alcune interessanti leggende metropolitane come nel suo La Banda Bellini, la storia di un gruppo dell'autonomia milanese degli anni Settanta, d'estrazione proletaria e composto di "randa” dell'hinterland milanese che, armati di chillum e di carabine winchester, erano riusciti a mettere in crisi il centro di Milano ma anche le logiche della maggior parte dei gruppi politici dell'epoca.
Un'atmosfera di follia creatrice che avvolge il lettore anche in Roma K.O. che rappresenta la storia di un'intera generazione e che in certi tratti potrebbe ricordare Paura e delirio a Las Vegas. Il libro nasce da un canovaccio rielaborato da oltre cinquanta ore di registrazioni tra protagonisti dei movimenti sociali a cui si sono prestati centinaia di collaboratori e con i contributi più svariati che andavano dagli aperitivi del Mariani, mitico bar di San Lorenzo ai consigli del poeta e scrittore Nanni Balestrini, protagonista indiscusso della letteratura italiana e del Gruppo 63, a cui molti giovani scrittori sono debitori per la sua incredibile abilità d'intreccio tra biografie personali e flusso poetico. Uno per tutti, Balestrini ha da sempre espresso con procedimenti semantici sempre all'avanguardia i punti alti dell'avanguardia politico-artistica e letteraria del nostro paese fin dai tempi di "vogliamo tutto".
Ma è il Duka il vero ispiratore di Roma K.O. a cui come succede per i tanti personaggi il cui nickname altisonante come Il Conte a Venezia o Pino Angoscia a Bologna, svela qualità nascoste o per lo meno perturbanti. La sua pistola è ancora calda come potrete vedere su un bislacco filmato uscito sulla rete. Duka è considerato a torto o a ragione il dandy della scena alternativa romana. Forse perché ai tempi andava a Londra e ci teneva ad avere un aspetto curato pur militando nei centri sociali in cui il look ma non necessariamente importante.
Ignorato per ora incoscientemente dal l'establishment della sua città, la presenza e la prosa del Duka costituiscono una seria minaccia per l'ordine costituito, una vera e propria miccia accesa sotto una Città che si riteneva eterna o almeno prima del Duka che peraltro non odia i media e ne fa parte. Nella vita si occupa di cultura e di musica e ne scrive su "Liberazione" ed ha anche composto un clamoroso I hate music/Odio la Musica per la casa editrice Meridiano Zero.
Sarà una percezione molto soggettiva, ma Philopat e Duka mi ricordano entrambi Peter Pan o forse anche Pinocchio per i caratteristici nasi allungati e per le situazioni più impensabili vissute all'insegna dell'ironia e dell'humour in frangenti spesso drammatici o d’importanza. I loro guizzi e la loro inventiva sono ben rappresentati nel testo che riesce a far scompisciare non solo i già convertiti dell'underground a pugno chiuso o dell'antiproibizionismo militante ma anche la gente comune e forse perché no, gli stessi abitanti delle borgate protagonisti della grande esplosione-implosione di cui parla il libro. Il romanzo fila liscio con un ritmo incessante in una cornice in cui le sostanze e le rivolte improvvise e l'implosione del quartierone romano e che sfociano inesorabilmente in un finale apocalittico: la definitiva e totale distruzione della Capitale.
La storia è ambientata all'interno di un set surreale, nella zona del Corviale, un gigantesco e squallido palazzone che rappresenta egregiamente la periferia romana tanto decantata da Pasolini fino alle storie tossiche di Guido Blumir. Questo vero e proprio postaccio lungo un chilometro concorre per il premio Frankenstein con analoghi scempi edilizi come lo Zen di Palermo, il Virgolone e il Treno di Bologna o i palazzoni di Quarto Oggiaro a Milano. Al Serpentone in futuro potrebbero aggiungersi le centrali nucleari o gli inceneritori, pudicamente chiamati termo-valorizzatori. Ma la lista dei palazzoni implodenti potrebbe allungarsi fino a coinvolgere la stessa Sede Rai di Saxa Rubra a Roma che oltre che materia di numerose inchieste della magistratura e d'arresti eccellenti, secondo una leggenda metropolitana quasi inestirpabile, non sarebbe altro che la copia conforme del supercarcere peruviano di Lima poi riadattata a studio televisivo tra le proteste e i mugugni di tanti giornalisti Rai.
In questo contesto da "nessun dorma" e soprattutto in attesa della tanto auspicata esplosione/implosione di Roma, Philopat e Duka viaggiano in un completo trip pazzoide fatto di rivolta ed allucinazioni e che sembra indicare la strada per il definitivo esodo psichedelico rivoluzionario. Tra la defezione e la protesta è la prima che sembra prevalere nell'immaginario delle plebi in rivolta accampate nella tendopoli di Cinecittà apprestate dal Sindaco V.
Siamo a Roma nel settembre del 2008 in un Leviatano che hanno chiamato Il Corviale e che improvvisamente comincia a cedere come durante un'apocalisse preistorica in cui subisce gravi danni strutturali. Come annuncia il sito di un noto quotidiano romano "La tragedia è stata evitata per un soffio. Ieri notte alcuni teppisti hanno improvvisato un falò nelle cantine del Corviale, e solo il tempestivo intervento dei Vigili del fuoco ha evitato una strage. Secondo una prima ricostruzione, un gruppo di ragazzini adolescenti... Ribattezzato dai suoi abitanti ‘il Serpentone’, il gigantesco modulo abitativo è stato realizzato nel 1970 da un team d'architetti capitanato da Mario Fiorentino, ispirandosi ad un progetto simile di Le Corbusier a Marsiglia. Doveva essere una struttura autosufficiente e dotata di tutti i servizi necessari, una vera e propria città satellite. Il progetto però non e mai stato ultimato, e il gigantesco palazzone (il ‘diaframma che indica la fine della città e l’inizio della campagna’, secondo l'architetto Bruno Zevi) si è da subito trasformato nel luogo simbolo del degrado urbano”.
In questa situazione alla New Orleans il sindaco V. decide di trasferire i seimila aitanti abitanti in una tendopoli allestita a Cinecittà e a ridosso di un Ipermercato dove la rabbia degli sfollati e l'irrefrenabile desiderio della "roba" fanno scattare un meccanismo fuori dagli argini della razionalità, destinato a cambiare persino gli equilibri meteorologici della città eterna. In questo romanzo d'amore droga e odio di classe edito dall'Agenzia X il Duka si prodiga anche in consigli per i viandanti: "Con le sostanze devi stare attento - ogni tanto rischi di annegarci dentro.
È come fare surf. Quando l'onda ti travolge non bisogna andare in panico - basta chiudere gli occhi e la bocca - ti lasci scorrere addosso la massa d'acqua e ti fai trascinare per un po' senza perdere la calma... Solo così puoi riemergere e affrontare fonda successiva''.
Ma l'apoteosi alla Nerone che scatta nel lettore di fronte al Serpentone che brucia sembra anticipare nuove apocalissi per Roma e per l'Italia dopo le conflagrazioni avvenute in quel castello di carte che nel romanzo appare il Corviale. In un crescendo megalomane non resta che rendere omaggio al Duka proprio come fa Gerardo, uno dei protagonisti: "...Penso anche a Ginevra, magari ha sentito pure lei questa bomba, l’aeroporto di Fiumicino e così vicino. Forse il rumore dell'esplosione l'ha raggiunta proprio nel momento in cui saliva la scaletta dell'aereo diretto in Corea del Nord. Forse il Duka ha calcolato anche il momento giusto per darle l'ultimo saluto... Che colpo! Un vero pugno da K.O. per Roma. BUM! Il Duka ha messo l’intera città al tappeto con un diretto in faccia, un colpo da campione.
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